Good fellas. Conversation with Giovanni Anzani

È un piacere poter intervistare Giovanni Anzani per PLATFORM. Piacere accresciuto dal timore avuto per lui, qualche tempo fa, di non rivederlo attivo come prima a causa del malore che lo aveva colpito. Invece lo incontro, in forma, pronto alla sfida e attento come sempre.
Siamo all’interno di Poliform Lab, l’ultima creatura dell’universo Poliform, l’edificio che raccoglie uffici di progettazione, set fotografici, spazi d’incontro per i clienti e un grande show-room, una sorta di stand permanente dove è esposta tutta la produzione: dalle cucine, ai sistemi giorno e notte, alle camere, agli imbottiti e complementi.
All’ingresso fa mostra di sé l’armadio “Io”, disegnato da Paolo Piva negli anni ’80, prodotto icona dell’azienda.
Giovanni Anzani inizia a raccontare dell’avventura di Poliform. Come per molte aziende della Brianza l’origine è la bottega artigianale. La produzione era gestita a livello famigliare, a partire dal 1942, dai due fratelli Anzani e i due fratelli Spinelli, tra loro cugini. Dopo l’interruzione della guerra la ripresa della produzione si fa più intensa per soddisfare le esigenze del mercato, ma è con l’entrata in azienda della nuova generazione, negli anni ’70, che si apre un ciclo di cui i risultati di oggi sono testimonianza.

LB Come avvenne l’ingresso in Poliform della vostra generazione?
GA Eravamo poco più che dei ragazzi, io ero ancora minorenne, avevo vent’anni (la maggiore età era allora fissata a ventuno anni); i miei cugini Aldo e Alberto Spinelli avevano rispettivamente ventidue e ventiquattro anni. I nostri genitori ebbero grande fiducia in noi e ci lasciarono partire alla guida dell’azienda, restando sempre al nostro fianco, ma senza mai interferire con le decisioni.
Sentivamo una grande responsabilità sulle nostre spalle ed era per noi un orgoglio poter dimostrare a loro di riuscire a farcela, ancor prima che a noi stessi e al mondo esterno.
Naturalmente c’era chi si aspettava di vederci andare in difficoltà, invece arrivammo ad avere fino a cinquanta dipendenti e in quel momento diventammo un esempio per molti: avevamo dimostrato che anche dei giovani potevano raggiungere dei risultati! Abbiamo costruito i primi seimila metri di capannone sulla fiducia e poi i risultati hanno cominciato ad arrivare. Si è trattato di un lavoro impegnativo; lavoravamo anche di sabato e la domenica spesso era dedicata a confrontarci su come impostare il lavoro da fare. Quest’unità d’intenti non ci ha mai abbandonato e ancora oggi ci confrontiamo su tutto e affrontiamo le sfide con lo stesso entusiasmo.

LB Questa grande responsabilità a tre, che vi ha unito fin dalla giovane età, pare avere funzionato. Come vi siete divisi i compiti?
GA Aldo si è occupato principalmente della produzione e dei rapporti con le banche, Alberto degli aspetti commerciali e dei contatti con gli architetti mentre io mi sono dedicato all’organizzazione di costi e procedure e alla comunicazione, comprendendo il lavoro di seguire la realizzazione di fiere e cataloghi. Dopo quarantasei anni d’impegno ritrovo in me la stessa passione di sempre.
Oggi condividiamo questo progetto con i nostri otto figli e grazie alle loro competenze diversificate abbiamo potuto crescere anche dal punto di vista commerciale. Abbiamo 600 dipendenti in Italia e 100 all’estero, di cui 50 negli Stati Uniti. I nostri show-room a New York, Miami e Los Angeles hanno un fatturato importante e sono un riferimento per le forniture integrate di cucina, arredi e bagno. Abbiamo raggiunto un fatturato di circa 154 milioni di euro, che dopo essersi mantenuto stabile per qualche anno, è cresciuto del 20% nel 2015. Un risultato di rilievo che deriva dallo sforzo in investimenti e risorse intrapreso da tutta la famiglia.

LB Il ricambio generazionale che affligge tante aziende italiane sembra essere un vostro punto di forza, come avete affrontato la crescita sui mercati stranieri altra difficoltà/opportunità in campo?
GA Abbiamo iniziato a investire sull’estero durante gli anni ’80, puntando prima sul mercato europeo (Svizzera, Austria, Germania) e ampliando al mercato mondiale dagli anni ’90. Oggi siamo presenti in oltre 80 paesi con 75 negozi mono-brand. Nel 2007 le nostre vendite erano dirette per il 30% all’estero e per il 70% in Italia ma oggi, con nostra soddisfazione, il rapporto si è invertito. Non è semplice fare capire sui mercati internazionali la qualità della produzione italiana.
Certo c’è un grande traino da parte dell’immagine del Made in Italy e della moda, ma mentre in alcuni comparti si può investire con forza sul brand nel campo del mobile bisogna fare importanti investimenti in tecnologia e sviluppo con fatturati che nel nostro settore restano ancora limitati.

LB Avete realizzato investimenti importanti anche sulle sedi produttive, ampliando la gamma di prodotti. Come viene distribuita la produzione?
GA Nello stabilimento di Inverigo avviene la produzione per il settore giorno, ad Arosio è concentrato il settore notte, Varenna a Lurago produce cucine, gli imbottiti sono realizzati a Lurago e i complementi ad Anzano, Poliform Lab a Inverigo riunisce ricerca e sviluppo.
Siamo passati dall’iniziale produzione di falegnameria più tradizionale sviluppando poi il sistema delle armadiature, abbiamo acquisito Varenna per il comparto cucina nel ’96, un marchio che era difficoltà e aveva una sua importante tradizione alle spalle, nel 2000 è stato affrontato il settore contract e nel 2006 quello degli imbottiti, fino ad arrivare a concepire questo nuovo spazio Lab di progettazione integrata per le nostre forniture nel 2011.

LB Quali sono state le collaborazione esterne che hanno segnato la vostra crescita?
GA Fino agli anni ’80 non eravamo consapevoli di cosa potesse rappresentare realmente per noi il design. Producevamo mobili che s’inserivano nel filone indistinto del mobile contemporaneo.
Fu determinante l’incontro con l’architetto Paolo Piva e il nuovo disegno che lui seppe dare alle fabbriche e al prodotto. In particolare con la creazione “Io” riuscimmo a mettere a fuoco una diversa visione di quello che era l’armadio, non più semplicemente un contenitore composto di tubo, ripiano e cassettiera, ma un mondo da esplorare, ricco di suggestioni, funzioni, dettagli preziosi e finiture da esibire. Quello divenne un laboratorio di ricerca per un prodotto che sul mercato non c’era. Quell’idea fu alla base della creazione dei sistemi che sono seguiti. Oggi creiamo contenitori partendo da una struttura, uno chassis, su cui montiamo una carrozzeria e una vasta gamma di accessori. La collaborazione con Paolo Piva è proseguita per oltre vent’anni e i suoi prodotti, non immediati da capire per il pubblico e la stampa, si sono affermati con forza nel tempo.

LB Con quali altri architetti avete collaborato?
GA Altre collaborazioni importanti sono state quelle con Paolo Nava, che ha disegnato diversi prodotti e un programma per camerette chiamato ”Baby Boom” presentato in un evento con la collaborazione di Bruno Munari, che ottenne un grande successo di critica ma minore risultato commerciale.
Con Christian Liaigre, tentammo una collaborazione che non andò in porto. In seguito abbiamo lavorato con Paola Navone, Rodolfo Dordoni, Daniel Libeskind, Marcel Wanders, Carlo Colombo cui si deve anche il disegno di questo edificio. Ultimamente si è fatta intensa la collaborazione con Jean Marie Massaud.

LB Quali sono i prodotti più rappresentativi che hanno segnato il cammino?
GA Il programma “Wall to Wall” di Luigi Massoni dell’82, che ha generato tutto il nostro “Wall System”, il letto Morgana dell’84, l’armadio “Io” dell’89, il letto “Onda” tutti di Paolo Piva, il sistema di arredi “Florian” e il programma “Baby Boom” di Paolo Nava, il programma di armadi con luce interna e anta riflettente “Atmosfera” realizzati con Mario Dell’Orto di Operadesign, il programma “Ubik” del nostro Centro Ricerche.
Negli anni più recenti la progettazione custom per i nostri clienti nel mondo ha contribuito a creare arredi per luoghi di eccezione a Milano, Montecarlo, Londra, New York con studi che operano a livello internazionale da Antonio Citterio a David Chipperfield.

LB In cosa si differenzia Poliform dai suoi concorrenti?
GA Rappresentiamo una delle poche aziende in grado di fornire l’arredo completo differenziato per aree di gusto e fasce di prezzo. Possiamo affrontare sia richieste di prodotti con budget contenuti, anche se firmati da designer internazionali, fino a fornire armadiature con finiture molto ricercate e dalle dimensioni importanti che possono arrivare anche a 300.000 euro.

LB Non avete stabilito una collaborazione di Art Direction? In molte aziende si è affermata una partnership di questo tipo. Forse tra di voi c’è stato un diverso e sufficiente modo di confrontarvi?
GA Lo sviluppo dei diversi settori ci ha messo in contatto con molti studi importanti ma, in effetti, non abbiamo voluto affidarci a nessuno in particolare per capire quale fosse la direzione da seguire. Non abbiamo nemmeno affidato le decisioni economiche a dei manager. Siamo degli imprenditori e siamo noi a dover saper dove andare!
Sbagliando da soli, in tutti questi anni, siamo arrivati a questi risultati. In realtà decidere cosa fare ci piace troppo e continueremo a farlo.
Noi ci divertiamo così!

Story . Luisa Bocchietto
Photo . Marco Bello