An obsession with quality! Interview with Giulia Molteni

La celebrazione di 80 anni di storia e l’inaugurazione del Museo segnano una tappa importante per Molteni, che rappresenta una “case history” nel panorama del design italiano.
Una storia d’azienda fortemente legata ad una famiglia, al suo fondatore Angelo Molteni, ai suoi quattro figli Carlo, Piero, Luigi e Mariangela, ed ai suoi nipoti giunti alla terza generazione di imprenditori.
La storia inizia nel ’34 con Angelo, “legnamè” a Giussano e sua moglie Giuseppina, donna moderna che già aveva iniziato a lavorare dopo aver fatto “le commerciali”.
Giulia Molteni, figlia di Carlo, racconta che la nonna è stata artefice della fortuna del nonno, controllando i conti dalle retrovie.
Lei più raffinata, lui sicuramente intraprendente, hanno dato l’avvio a una grande avventura. Il catalogo della Mostra “80!” ce li presenta insieme, nel 1941, davanti ai cancelli della fabbrica.
«La storia è strettamente collegata anche alle maestranze, all’indotto sviluppatosi sul territorio e la decisione di realizzare un Museo» – continua Giulia – «nonostante le iniziali resistenze di nostro padre, è anche un omaggio al lavoro comune di tante persone. Ora è orgoglioso di questa scelta, ma abbiamo dovuto vincere la sua tradizionale riservatezza: è il re dell’understatement. Siamo stati cresciuti circondati dai prototipi, da persone interessanti e dalla bellezza di case progettate da architetti come Afra e Tobia Scarpa, ma abituati a tenere i piedi per terra e con il monito continuo a non autocelebrarsi. Eppure un omaggio al fondatore e al cammino intrapreso era dovuto. Abbiamo scelto di incaricare Jasper Morrison per fare l’allestimento e la scelta dei pezzi per il Museo, per avere uno sguardo esterno, più indipendente».
I locali del Museo sono quelli un tempo destinati all’essicazione dei tranciati, all’ultimo piano dell’edifico storico di Giussano ristrutturato da Luca Meda e Aldo Rossi.
Alle spalle dell’edificio che lo ospita si sviluppano più di 160.000 metri di superficie produttiva.
Per visitarli si cammina parecchio, in mezzo a reparti ordinati e persone silenziose, concentrate nel lavorare. Qui l’obiettivo della qualità sembra essere stato trasmesso agli operatori e alle catene di produzione. La fabbrica è progettata nel dettaglio per esprimere delle performance. L’ossessione per qualità è diventata la regola del fare.
«La nostra azienda si basa sulla sostanza, si è inseguito un modello industriale di vecchio stampo dove si è sempre data attenzione al prodotto ben fatto, prima di tutto. Con coerenza si è costruita l’immagine della “Casa Molteni” al di là delle tendenze, come un luogo sicuro dove trovare armonia.
Abbiamo cercato di mantenere focalizzata la qualità del Made in Italy sviluppando intorno a questo obiettivo un sistema valoriale che ci è congeniale come italiani: quello del rifugio e della famiglia.

Le case che immaginiamo di “abitare” con i nostri prodotti sono case vere, vissute. Su questa base si è sempre innescata la ricerca di innovazione tecnica, a partire dalla funzionalità. Si investe in ricerca continuamente: nell’organizzazione della produzione, nel prodotto e nella comunicazione».
Il percorso si sviluppa dagli anni ’30 in cui l’azienda produceva conto terzi. Nel primo dopoguerra Molteni era una realtà produttiva importante, ma la crescita industriale avviene con l’introduzione di macchinari per la lavorazione del legno, importati dalla Germania negli anni ’50. La vocazione è quella della grande serie. La produzione si sviluppa notevolmente restando però nel campo del mobile “in stile” anche se nascono prototipi di mobili moderni grazie a Werner Blaser, Yasuhiko Itho, Donato D’Urbino, Giancarlo De Carli.
Nel 1961 Angelo Molteni è tra i 14 fondatori del primo Salone del Mobile, insieme a Cassina, Montina, Gavina, ma bisogna aspettare il mitico ’68 perché si abbandoni la produzione in stile per la nuova modularità introdotta da progettisti come Tito Agnoli e Angelo Mangiarotti.
Lo spartiacque è rappresentato da “Iride”, progetto del 1968 a firma di Luca Meda, che apre un nuovo capitolo per la storia di Molteni e sigla un rapporto di lavoro segnato dall’amicizia e generosità. Tramite lui inizia la collaborazione con Aldo Rossi e i loro prodotti contraddistinguono una produzione colta, che continua per oltre un ventennio. Sono senza tempo prodotti come i contenitori “505” del ’72, la sedia “Teatro” dell’82, la sedia “Milano” dell’87, il programma “7 volte 7” dell’88, il sistema “Piroscafo” del 91. Parallelamente Unifor si sviluppa nel contract e inizia il processo di internazionalizzazione del marchio già dal 1975 con le forniture del progetto “Modulo 3” a IBM. Cresce Dada, marchio del settore cucina, acquistato da Garavaglia e Citterio nel settore pareti, in partecipazione dal ’69 e acquisita nel 2014.
«La sequenza delle acquisizioni nasce dal desiderio di Angelo di destinare un’azienda a ogni figlio, quindi sono quattro le aziende che gravitano nel gruppo: Molteni, Unifor, Dada, Citterio a cui si aggiunge la distribuzione di Vitra e Artek per Italia e Australia. Lo sviluppo è affidato a figli e nipoti con precisi incarichi in ognuna. Il gruppo produce un fatturato di 250 milioni di euro, con oltre 800 dipendenti».

Giulia Molteni racconta delle ultime sfide: la creazione di un settore per l’imbottito a partire dal 2004, la crescita verso l’estero per Molteni nel settore casa come già avvenuto per Unifor anni prima nel settore ufficio, l’apertura al management. «L’ingresso in azienda per la nostra generazione è avvenuto in un momento difficile, coincidente con la crisi economica, eppure insieme ai miei fratelli non abbiamo gettato la spugna. Mio fratello Giovanni si occupa di prodotto e produzione, io di marketing e comunicazione. Il nostro compito è aprire al cambiamento apportando le nostre esperienze realizzate anche fuori dall’azienda e all’estero. Il mercato è maturo e apprezza sempre più il gusto italiano. Sulla scia di questa consapevolezza e delle collaborazioni coltivate con designer come Jean Nouvel, Foster+Partners, Hannes Wettstein, Patricia Urquiola, Ron Gilad, Vincent Vam Duysem siamo in grado di fare breccia sui mercati stranieri. Abbiamo aperto recentemente dei punti vendita monomarca a Londra, New York e Tokyo dopo quello di Parigi del 1979, ampliato la comunicazione. La produzione cresce al ritmo del 30% e cresce la nostra affidabilità nel settore contract. Nostro padre è presente, attento al prodotto e il nostro è un dialogo costruttivo».
Carlo Molteni ci raggiunge, ascolta un poco, accetta di posare per una foto e poi scappa indaffarato. I prodotti e la sua fabbrica lo pretendono. L’ossessione per la qualità non gli permette di distrarsi troppo a lungo.

Story . Luisa Bocchietto
Photo . Marco Bello