A certain “frisson”. Daniele Lago

Parlare con Daniele Lago è come fare il punto della navigazione su cosa sia il design per un’azienda e che cosa possa generare.
Ultimo di dieci fratelli, negli ultimi dieci anni ha portato l’azienda di famiglia da 5 milioni a 30 milioni di fatturato, in crescita anche nell’ultimo anno, pur lavorando principalmente sul mercato italiano. È la dimostrazione che si può essere imprenditori di successo in Italia, nonostante le note difficoltà. Basta avere un pensiero e una energia straordinaria, come quella che lui dimostra.
Non è da tutti saper affrontare il ricambio generazionale, i vincoli famigliari e le difficoltà del mercato che non favoriscono l’innovazione. Evidentemente le motivazioni devono venire da altri fronti; si chiamano curiosità, desiderio di sfida, volontà di dimostrare le proprie capacità.
Daniele le alimenta senza timori; si circonda di persone che possono contribuire al suo cammino, con l’urgenza di andare ancora più veloce.
Forse tutto iniziò, osservandolo dall’esterno, con “l’Appartamento Lago” realizzato in zona Tortona nel 2006. Si trattava di un modo nuovo di presentare i prodotti, concepito per dare visibilità all’azienda. Non il solito spazio aperto durante il FuoriSalone, ma un gesto fuori dagli schemi, perché il paradigma del settore era vecchio: un appartamento completamente arredato e accessibile indistintamente a distributori, clienti, pubblico. Si chiacchierava seduti sul letto, mentre qualcuno discuteva e mangiava in cucina. Una marea di persone, continuamente, entrava e usciva, nel frattempo.
Un luogo vitale che rimaneva impresso nella mente di chi lo aveva visitato. Era pensato all’interno di un nuovo modello di business, aperto alla sperimentazione per stabilire relazioni con tutto ciò che sta al di fuori dell’azienda, oltre la progettazione e la produzione tradizionale di mobili.

“Già i nonni muovevano i polpastrelli” dice Daniele Lago, ma il suo ingresso nell’azienda segna la vera svolta. Dopo aver giocato a pallavolo in serie B e aver suonato la chitarra jazz, senza essersi laureato (e nemmeno diplomato, confida), a 30 anni entra in Lago. Il compito era quello di incontrare i rivenditori per proporre la vendita dell’ennesima sedia. Situazione poco appagante. Matura quindi una sua riflessione estetica, influenzato dalle letture (tra le altre in particolare quella di “Punto, linea e superficie” di Kandinsky), la mette nero su bianco e la intitola “La Grande Idea”. Diventa la sua traccia di percorso per il futuro. Scrivere e condividere il proprio pensiero significa non avere paura di dichiarare il proprio traguardo. La Grande Idea sembra preannunciare un programma ambizioso.
Da qui prende avvio una crescita che avviene attraverso il design, individuato come processo metodologico. “Il vero driver di Lago è il design”, afferma. Il design gli permette un approccio olistico, fino a diventare un modo di vita. Il design – continua – ha degli aspetti seduttivi, ti fa capire che puoi cambiare il mondo. Forse questo può avvenire anche attraverso altre discipline; nel mio caso questo modo di vedere le cose mi ha formato e mi ha dato l’opportunità di realizzare una vita non banale, di conoscere persone interessanti, stabilire relazioni che coltivo. È stressante, ma si tratta di un lavoro straordinario”.
Questo approccio applicato all’azienda rappresenta una rivoluzione culturale; significa mettere il design al centro del business e lavorare per creare significato.
“Il design l’ha fatta da padrone. Si sono voluti accendere focolai su tanti fronti; non è solo una maniera per innovare, ma un occhiale che ti metti per costruire valore”.
In Lago il design è tutto. È strategia sui sistemi di prodotto, modalità di approccio al consumatore, visibilità ricercata in ogni forma di comunicazione, progettazione di nuovi format di vendita.
“A seguito del successo dirompente del progetto “36e8″ continuiamo a disegnare sistemi, più che prodotti, matrici che determinino alfabeti. Oggi progettiamo nuovi format di collaborazione come quelli dell’Interior Life Network, una rete di persone e luoghi dove il design attiva connessioni e significati. Di questo Network fanno parte negozi, abitazioni, uffici, musei, ristoranti, alberghi; tutti connessi dal motore di comunicazione digitale Lago, che permette loro di entrare in relazione con i 600.000 contatti su Facebook e i 2 milioni di visitatori al sito. Sono luoghi di interazione, ma anche tools che aumentano la visibilità del brand. Siamo nell’oceano blu, da soli in alcune situazioni che vanno oltre il prodotto e cerchiamo di capire chi sia il nostro riferimento. Gli interlocutori sono gli architetti che inseriscono i nostri prodotti nei loro progetti e in cambio ottengono visibilità attraverso i nostri canali. Dopo l’Appartamento Lago siamo concentrati a realizzare interventi per case, ristoranti, banche alberghi dove la presenza Lago diventa riconoscibile come brand e non solo come fornitore”.
Un modo questo per dare applicazione a quello che conosciamo come il “design dei servizi”: non si concepisce solo il prodotto, ma il sistema che porta il prodotto al consumatore e che fornisce strumenti innovativi. La fascia è quella medio/alta, per chi possa comprendere il valore del risultato, il prezzo è tenuto sotto controllo perché alla fine deve essere accessibile per un buon mercato di riferimento.

Difficile reggere il passo di una navigazione così movimentata e il problema del turn-over esiste. “La collaborazione esterna non dura meno di 5 anni, in meno tempo non si riesce a entrare nella mentalità dell’azienda e a produrre dei risultati coerenti, nel tempo entra in discussione. Sappiamo oggi di voler restare in rapporto con i collaboratori, bisogna vincere orgoglio e le conflittualità che nascono dall’individualismo che ci contraddistingue e fa parte delle nostre qualità, ma poi i contatti restano e pure la consapevolezza di avere imparato reciprocamente. Abbiamo formato degli imprenditori, che oggi hanno loro proprie attività. È un tema difficile ma importante: se il brand non riesce ad essere attrattivo per le risorse umane non ha futuro. I nostri sforzi sono concentrati sui giovani che formiamo e sugli architetti ai quali forniamo strumenti di lavoro. Stiamo instaurando anche una collaborazione con designer esterni più conosciuti e alleanze con altri produttori per affrontare i mercati globali.
Daniele Lago è imprenditore e designer e non è facile conciliare queste due identità. Può un imprenditore essere committente e designer al tempo stesso? “Non vedo conflitto, sono l’art director della mia azienda, trovo scontato che chi svolge questo ruolo capisca di design, sarebbe difficile il contrario. Devo individuare quali siano i prodotti più adatti.
Sono particolarmente severo con me stesso, ipercritico, più di quanto non lo sia con i prodotti disegnati da altri. Bisogna oggi essere selettivi e fare meno cose, inseguendo la qualità.
Ma alla fine i prodotti per superare l’esame si devono vendere.
Devono avere come ingredienti quelle che chiamo le tre c: cervello, cuore e coraggio. In qualità di imprenditore certo posso conoscere più a fondo quali siano gli spazi di gamma da completare.
“In Lago cerchiamo di progettare sistemi innovativi per abitare, nei diversi modi che il mondo in cambiamento ci suggerisce, di pensare a tutto campo, per raggiungere quel certo qual “fruscio” senza il quale, in ogni caso, non vi è successo.”

Story . Luisa Bocchietto
Photo . Marco Bello