Quando Piero Portaluppi progetta Villa Necchi Campiglio a Milano, tra il 1932 e il 1935, è ormai un professionista inserito e apprezzato nell’ambito dei facoltosi industriali lombardi. È proprio qui, a pochi passi da piazza San Babila, che l’architetto dà prova di un’eccezionale apertura alla modernità, abbandonando il gusto decorativo degli anni precedenti per avvicinarsi, con molta prudenza, all’emergente razionalismo. Moderni sono lo sviluppo orizzontale dell’edificio padronale, la lunga finestra ad angolo della facciata, il taglio degli interni nei quali lo spazio fluisce senza interruzioni attraverso ampie aperture scorrevoli. L’elevato standard di vita dei proprietari, noti per la produzione delle macchine da cucire, emerge già nel giardino, sufficientemente vasto da ospitare tanto un campo da tennis quanto una piscina. Nelle sale invece sono i materiali nobili a rispecchiare la ricchezza dei padroni di casa, esibendo boiserie in palissandro, rivestimenti in ottone e porte in alpacca. Sofisticati e curatissimi appaiono anche gli arredi espressamente disegnati da Guglielmo Ulrich e in parte ancora in loco.
La Villa si presenta quindi a prima vista come il catalogo di uno stile: quello dai tratti puri e raffinati del versante mondano degli anni Trenta. Ma le epoche passano e con loro il gusto, che, per quel che riguarda i Necchi Campiglio, si volge verso contesti più storicamente improntati, in linea con i tradizionali ambienti dell’aristocrazia ambrosiana, a loro familiare. Sarà allora Tomaso Buzzi a far entrare il passato nella Villa, introducendo in alcune sale un suo personale revival dell’antico. L’originale stile dell’architetto dà così forma a quel contesto storico che, soprattutto nel dopoguerra, sembra appagare le aspirazioni dei Necchi Campiglio più di quanto abbia potuto fare la contemporaneità.
Il contributo di Giorgio Armani Dopo essere stato dal 2008 tra i maggiori sponsor del restauro di Villa Necchi Campiglio, permettendone l’apertura al pubblico come casa-museo, Giorgio Armani dà ora il suo contributo al FAI per la creazione della nuova elegante struttura in ferro e vetro che ricopre l’originario campo da tennis. “Sono rimasto fin da subito affascinato dalla ricchezza artistica e culturale espressa in ogni dettaglio di Villa Necchi Campiglio, un edificio che riflette uno stile di vita raffinato e mondano, ma anche intensamente milanese. È per questo motivo che ho deciso con entusiasmo di dare un ulteriore contributo per il restauro e la tutela del campo da tennis della Villa”, ha dichiarato lo stilista.
Story . Lucia Borromeo
Photo . FAI Archive + Arena Immagini + Giorgio Majno