Alfonso Femia, ideatore e co-fondatore di 5+1, lo studio creato nel 1995 e diventato 5+1AA nel 2005, che ha cambiato poi la propria denominazione in Atelier(s) Alfonso Femia nel 2017, è il protagonista di “I’m an architect”, libro scritto da Paul Ardenne.
Paul Ardenne è un autorevole critico di arte e architettura contemporaneo francese.
Alfonso Femia un architetto internazionale con un significativo portfolio di opere costruite in Francia e in Italia. Una lunga distanza, 25 anni a far data dagli esordi professionali, può essere già di per sé un parametro di valutazione. Premi vinti, recensioni dei progetti, pubblicazioni.
Confrontarsi con un personaggio come Paul Ardenne per scrivere un libro significa cogliere e realizzare una necessità interiore che non cerca l’approvazione del pubblico o della propria comunità professionale.
La narrazione del percorso professionale di Alfonso Femia non comincia e non finisce con le sue opere. Ardenne mette molto di più, contestualizza, esamina, pondera quello che ha significato, per Femia, formarsi, professionalmente, nell’indeterminatezza degli anni Ottanta e sviluppare una propria identità professionale, fortemente riconoscibile, pur nella felice mutevolezza degli esiti e, fortunatamente, non autoreferenziale.
Il libro si sviluppa in nove momenti di riflessione interconnessi – la definizione di capitoli è tanto limitativa quanto insufficiente – in cui emerge il pragmatismo della professione che si interseca alla suggestione dell’immaginario e alla solida stratificazione culturale. Ne emerge una figura di architetto-intellettuale che non segue le mode, al contrario, contestualizza il pensiero alla specificità di ogni programma, al dialogo e alla materia.
Un architetto che si assume tutte le responsabilità della sua funzione professionale anche per gli aspetti collettivi e individuali. Proprio da questa assunzione di responsabilità nasce il titolo I’m an architect che non è certo una rivendicazione arrogante di ruolo, ma proprio la consapevolezza di non avere alibi o giustificazioni per gli atti di progetto.
Nel testo si affrontano temi scomodi, quello della committenza in primis, del confronto con l’eredità storica del moderno e del post-moderno, della tecnologia presunta taumaturgica.
Neppure manca un riferimento al ripensamento dello studio, nel 2017, come scelta di continuità e di affermazione di un pensiero originale che non intende mai concedersi gradi di libertà sul rigore progettuale.
Questo di Ardenne su Alfonso Femia è un saggio che si legge come un romanzo, una narrazione per immagini e parole che, al di là dell’intento autobiografico, scatta una fotografia della buona architettura contemporanea, per intenzioni ed esiti, una tappa storicamente importante della storia del progetto. Una nota sull’identità grafica del libro: la copertina è il suo manifesto e riafferma, con il vigore del lettering di nuova concezione, il filo conduttore, la responsabilità del ruolo professionale. La scelta del formato, la rilegatura bodoniana, la composizione tipografica “inventano” insieme una personalità forte e riconoscibile. Il progetto grafico del libro è firmato da Gigi Pescolderlung di studio Tapiro.
Photo Credit: S. Anzini