Flavio Manzoni, Velociforme

Flavio Manzoni si è laureato in Architettura a Firenze.
È figlio di un architetto e si è esercitato nel disegno a mano libera fin da bambino. Tra i suoi appunti di ragazzo sono curiosamente presenti alcuni studi di cavalli che ci appaiono premonitori. Si capisce che il disegno è il suo liquido amniotico, il suo habitat naturale.
A differenza di molti car designer non è esclusivamente affascinato dalle auto.
Forse proprio perché è un architetto è interessato al processo progettuale, nella sua totalità.
Nel suo studio sono presenti modelli di “generative design” realizzati dagli studenti incontrati con le scuole di design e oggetti iconici, tracce del lavoro di altri architetti e designer, frutto d’incontri reali e di affinità elettive.
Si deve al suo contributo lo sviluppo di un centro stile interno alla Ferrari dotato delle migliori tecnologie e supportato dalle competenze di un team di modellisti e progettisti provenienti da ogni parte del mondo e il disegno delle ultime Ferrari, pluripremiate.
Ma partiamo dall’inizio.

Qual è stato il tuo percorso e come sei arrivato a dirigere il team progettuale della Ferrari?Gli studi in architettura a Firenze, con Buti (maestro anche di Giovannoni e Venturini) mi hanno permesso di coltivare la mia passione per tutte le arti dalla pittura alla scultura e la professione esercitata da mio padre mi ha dato l’occasione di lavorare con lui su alcuni progetti residenziali in Sardegna. Nel 1993, a seguito della laurea, decisi di intraprendere la strada del “car design”, andando a lavorare al Centro Stile Lancia. Dovetti vincere alcuni pregiudizi; la professione di car designer veniva, infatti, considerata una specializzazione riduttiva nell’ambiente universitario che frequentavo.

I tuoi successivi passaggi ti vedono nel ‘99 in Seat, poi di nuovo in Lancia, nel 2004 in Fiat, nel 2006 inVolkswagen: un lungo percorso di crescita professionale…
FM Mi ha sempre spinto una grande curiosità verso altri mondi professionali, umani e culturali.
Ogni esperienza è stata di determinante importanza; mi ha fatto scoprire filosofie progettuali diverse ed era ogni volta un modo per mettermi alla prova, volutamente, di fronte a difficoltà sempre crescenti.
Questa è sempre stata una mia forma di disciplina, affrontare nuove sfide per traguardi successivi.

In Ferrari dal 2010, ti è stato affidato il compito di creare ex novo un centro interno di sviluppo del design, accanto a quello di gestire la nascita di nuovi modelli: una bellissima avventura…
La Ferrari con questa scelta ha inteso integrare gli aspetti progettuali e di ricerca per riuscire meglio a esprimere i contenuti del proprio marchio e rafforzare la propria identità. Abbiamo introdotto tecnologie di modellazione fisica (come il Clay) oltre che virtuale e chiamato a collaborare i migliori professionisti e modellisti per rispondere alle esigenze di un’azienda che ricerca sempre ad altissimi livelli d’innovazione. Lavorare
in team e valorizzarne le competenze sono obiettivi operativi della Ferrari e questo avviene chiedendo a tutti uno sforzo continuo. In Ferrari tutto va veloce: le auto ma anche gli uomini e il loro lavoro. La velocità è un metodo di lavoro applicato su tutto.

Ti sei mai sentito schiacciato dalla storia e dall’Immagine della Ferrari
La storia della Ferrari è uno sprone continuo, che ci spinge tutti alla ricerca dell’eccellenza.
Semmai è il fatto di lavorare costantemente su un registro molto alto, sulla necessità di elevare costantemente gli standard tecnici ed estetici dell’auto che comporta un certo sovraccarico psicologico.
È una grandissima responsabilità e va vissuta con caparbietà e umiltà al tempo stesso.

Curiosamente non si parla qui in Ferrari di “Centro Stile” quanto di “Centro del Design”, una sottile differenza che connota un tuo personale approccio?
Certamente la differenza la fa il progetto, inteso in senso di composizione, di architettura.
In Ferrari si ha il privilegio di progettare ogni nuova auto da zero. Non si è vincolati allo sfruttamento di un pianale che condiziona tutta l’impostazione successiva del modello e che riduce la carrozzeria a un vestito da adattare al telaio, favorendo lo styling superficiale. Qui si parte da una sfida, dall’architettura dell’auto, integrando contenuti tecnici e aerodinamici con una visione estetica.
La Ferrari non è una macchina, è una scultura; deve stare in strada ai massimi livelli ma si deve sentire, nella forma, che ha una libertà. È un lavoro difficile, un equilibrio magico da raggiungere che deve soddisfare più esigenze: innovazione tecnologica, piacere di guida e bellezza estetica.
Per fare questo non basta lo stile, ci vuole il design.

Che grado di libertà espressiva lasciano le regole dell’aerodinamica e della sicurezza?
Modellare i flussi d’aria legati all’aerodinamica porta a valutare soluzioni inusuali. L’aerodinamica, come tutti i tipi di vincoli tecnici, deve essere compresa. È solo conoscendo i constraints, interiorizzandoli che si possono trasformare in importanti opportunità progettuali. Anche il tema della sicurezza che impone una distanza minima tra gli organi meccanici e il punto d’impatto o che richiede un’elasticità della superficie del cofano va risolto senza rinunciare a un equilibrio formale. Il vincolo ti porta sempre a ragionare a lungo e a sviluppare poi l’istinto per le intuizioni fulminee, quelle che risolvono il problema tecnico e offrono la soluzione creativa. La creatività non si manifesta solo attraverso la forma, ma soprattutto attraverso la capacità immaginifica di inventare nuove soluzioni tecniche che siano eccellenti anche da un punto di vista formale. Sono queste che rendono un prodotto innovativo e “iconico” allo stesso tempo.

Formula 1 e GT; in che modo dialogano tra loro?
Vi è un grande trasferimento d’informazioni da un settore all’altro; la sperimentazione dei materiali e delle soluzioni tecnologiche da un lato mentre dall’altro si può prefigurare una sempre maggiore attenzione da parte della Formula 1 verso gli aspetti estetici, che hanno permesso alle Ferrari GT di essere premiate per la loro qualità globale. Mi riferisco al Compasso d’Oro per la F12 e al recentissimo Red Dot a LaFerrari e alla FXXK nella sua versione da pista.

Sono, in effetti, degli oggetti del desiderio, di una bellezza estrema, evidente, quali le prestazioni ?
Il disegno nasce da molti brainstorming e selezioni, lavoro del team e ricerca accurata del giusto segno, coerente d’insieme. Una bellezza che richiede impegno; ogni dettaglio ha superato verifiche e modifiche per giungere alla sua definizione finale, quella necessaria. Dal punto di vista tecnico l’ultima nata “La Ferrari”, è la prima Ferrari ibrida della storia, ha spoiler retrattili, appendici adattive e con una potenza di 963 cavalli raggiunge la velocità di 100 km/h in meno di 3 secondi, di 200 km/h in meno di 7 secondi e di 300 km in 15 secondi.

Velocità vera. Oltre ai successi personali oggi raggiunti, sei consapevole del ruolo che hanno la Ferrari e quindi anche il tuo lavoro, nel promuovere l’Italia nel mondo?
La Ferrari è un marchio che da sempre testimonia la capacità tutta italiana di creare prodotti superlativi. Questo accade quando c’è una profonda passione, una costante volontà di anticipare la naturale evoluzione delle cose e lo spirito di abnegazione sotteso a un così grande impegno. È un motivo di orgoglio italiano e un esempio virtuoso da seguire.

Story . Luisa Bocchietto
Photo . Piero Martinello