Sulla Strada Blu della Val Ceno, in provincia di Parma, un vecchio fienile abbandonato ha lasciato spazio a un’architettura che parla di comunità, territorio e futuro condiviso. È la nuova sede della Fondazione Caterina Dallara, progettata dallo studio Atelier(s) Alfonso Femia. Leggera e discreta, l’opera si inserisce con delicatezza nel paesaggio rurale, trasformando un luogo marginale in spazio generativo, inclusivo e aperto.
Tre farfalle in ceramica bianca e blu, posate sulle facciate dell’edificio, richiamano l’immagine di un volo appena interrotto. Sono il simbolo della Fondazione e della sua identità visiva ma anche una dichiarazione poetica: l’architettura, come il gesto filantropico, si misura con il tempo, la fragilità, la bellezza. “Non volevamo fare un’architettura che impattasse il territorio, ma un’architettura che fosse già parte del territorio.” afferma l’architetto Alfonso Femia. Le farfalle in ceramica sono realizzate da Danilo Trogu e si inseriscono nel percorso del Bestiario Mediterraneo, che accompagna da anni la ricerca poetico-materica di Femia. In questo caso, più che ornamento, sono un segno tangibile di cura e appartenenza.
Il progetto si sviluppa su due livelli sfalsati, di cui uno parzialmente interrato, secondo un impianto semplice e compatto: un rettangolo di circa 25×13 metri. Al piano terra, la terrazza e il portico definiscono la relazione tra interno ed esterno, aprendo lo spazio verso il Parco dei Melograni. I materiali – vetro, legno pre-composto, acciaio verniciato color champagne – costruiscono una pelle vibrante, dinamica, che alterna trasparenze e schermature. La leggerezza è reale, è un’architettura che si costruisce sulla permeabilità e sulla relazione, non sullo sguardo autoreferenziale. È l’architettura che si fa racconto e ascolto.
Gli interni, trasparenti e continui, ospitano un auditorium, uffici, sale riunioni e uno spazio polifunzionale. Nulla ostacola la vista tra l’ingresso e il parco: l’architettura diventa così diaframma tra comunità e paesaggio, tra appartenenza e possibilità.
Al centro della composizione, il portico assume un significato meta-progettuale: non è solo protezione o passaggio, ma spazio intermedio che invita all’incontro. Una soglia generosa che incoraggia la socialità, la partecipazione civica, l’emersione del pensiero. È l’inizio di un dialogo, è lo spazio in cui si può sostare senza necessariamente entrare. «In un luogo come questo, che ha una vocazione sociale e culturale, era essenziale costruire un gesto che fosse insieme accoglienza e promessa.» sottolinea l’architetto.
Progetto: Fondazione Caterina Dallara
Architetti: Atelier(s) Alfonso Femia
Ingegneria: Incide Engineering
Luogo: Varano de’ Melegari (PR), Italia
Anno: 2024
Fotografie: Stefano Anzini