Fare delle rovine una scena, e del vuoto una piazza

Tutto parte da un gesto minimo ma radicale: sottrarre, conservare, evocare. Nel centro storico di Simala, piccolo comune della provincia di Oristano, l’architetto Martino Picchedda ribalta la logica del pubblico/privato, aprendo alla collettività l’interno di un complesso rurale e trasformando ciò che era privato in uno spazio pubblico.

L’edificio, un tempo appartenuto a un possidente terriero e affacciato sulla centrale via Roma, era un tipico esempio di architettura introversa sarda, con spazi chiusi, protetti, funzionali alla vita agricola e pastorale. L’abbandono aveva trasformato il complesso in un dedalo di rovine e vegetazione, fino a renderne quasi irriconoscibile la struttura originaria. Da questo paesaggio sospeso prende forma l’idea progettuale: non costruire ex novo, ma valorizzare ciò che resta. Fare delle rovine una scena, e del vuoto una piazza.

L’approccio è minimo, rispettoso, poetico. In sinergia con le indicazioni della Soprintendenza e del Servizio regionale di tutela del paesaggio, il progetto si sviluppa attorno all’idea di valorizzare i ruderi come quinta scenica e ciò che resta diventa il centro della nuova narrazione spaziale. Le murature vengono ripulite, stabilizzate e intonacate con calce, in un gesto che non cancella ma protegge la fragilità delle tracce. La corte viene pavimentata secondo tecniche tradizionali, con ciottoli locali (impedrau) su letto di sabbia e terra, mentre gli ambienti interni accolgono un basolato in pietra di recupero posato a secco su strato drenante.

L’intervento guarda alla Land Art di Alberto Burri e al suo “Cretto” di Gibellina: la rovina non è nostalgia ma forma attiva di racconto, in cui il vuoto, l’assenza e la semplicità acquistano una densità evocativa nuova. Il progetto non aggiunge, ma sottrae. Non costruisce, ma svela. Così facendo, restituisce alla comunità uno spazio di rappresentazione collettiva, pensato per ospitare eventi, esposizioni e attività legate alla valorizzazione dei prodotti locali. Lo scenario che ne deriva è essenziale e potente, fatto di geometrie elementari e silenzi architettonici, che lasciano spazio all’immaginazione e alla memoria collettiva.

In questo teatro di pietre e vuoti, la linearità del tempo si traduce in permanenza materica. L’intervento di Picchedda non cerca la ricostruzione, ma l’attivazione di un’archeologia viva: un’arena domestica che, pur nel suo minimalismo, restituisce dignità ai resti e voce a un passato non monumentale, ma quotidiano e condiviso.

CREDITI
Progetto: Recupero e riuso di casa a corte a Simala
Architetti: Martino Picchedda
Luogo: Simala (OR), Italia
Anno: 2024
Fotografie: Cédric Dasesson